

Ieri, memoria liturgica del Beato Odoardo Focherini, martire, il vescovo Erio Castellucci ha celebrato la messa in Cattedrale alle 18.30. Tra i concelebranti vi era anche don Francesco Lampronti, giovane sacerdote veronese, al suo primo anniversario di ordinazione, pronipote di Giacomo, che fu salvato dalle persecuzioni razziali con la sua famiglia proprio grazie a Focherini. Presenti alla celebrazioni i parenti del Beato carpigiano; un posto particolare è stato riservato al ‘mondo della scuola’ che ha presenziato alla messa come occasione di ringraziamento per l’anno scolastico 20222023, come promosso da ‘Scuola Fede Futuro’, Laboratorio per la scuola della Diocesi di Carpi. L’orchestra delle scuole medie Alberto Pio, indirizzo musicale, ha animato con suoni e canti la celebrazione. Commosso e riconoscente il ricordo di don Francesco Lampronti (nella foto): “E’ bello per me essere qui in occasione della memoria liturgica del Beato Focherini per rendere grazie al Signore e a Odoardo e affidarmi a lui per il mio ministero e la mia vocazione. E a lui affido tutta la mia famiglia”. “Del Beato mi è stato trasmesso il ricordo, l’esempio, il suo amore per la verità in tutte le sue sfaccettature perché da buon giornalista ma anche da buon cristiano ha perseverato sempre cercando di annunciare il Vangelo e la verità”.
26 APRILE 2023
di FraPè – Spesso si fa l’errore grazie alla strumentalizzazione politica di quella destra incapace di riconoscere totalmente la brutalità e la criminalità del fascismo e prenderne le distanze, di non riconoscere che la resistenza non ha un colore politico specifico, ma fu la “Resistenza degli italiani“. Questo movimento fu il frutto della collaborazione di diverse forze politiche: comunisti, azionisti, cattolici, liberali, persino monarchici, e infine gente comune stanca dall’oppressione, dalla guerra e dalle violenze subite dai fascisti e dai loro alleati nazisti. Spesso l’opinione pubblica pensa che la resistenza è più legata all’immagine del partigiano comunista, trascurando il fatto che la componente cattolica non era affatto minoritaria. Credenti laici, sacerdoti, suore e religiosi, a vario titolo hanno contribuito alla guerra di liberazione, grazie anche all’appoggio di vescovi che hanno preso una posizione palese contro il regime fascista e Mussolini.
Bisogna precisare però che il comportamento del clero in quel periodo variò a seconda dei casi e delle zone, spaziando su posizioni che andavano dall’aperto collaborazionismo col fascismo alla militanza attiva nelle formazioni partigiane. Non si può negare con immenso dolore la scelta scelerata che non ha nulla a che fare con il Vangelo di quei preti che appoggiarono il regime fascista e che purtroppo ancora oggi strizzano l’occhio a certe politiche di respingimento e di non accoglienza degli ultimi e dei poveri in particolare degli immigrati mettendosi anche contro il Magistero di Papa Francesco. Come non si può negare che i partigiani uccisero preti che difendevano Mussolini e il suo operato. Tuttavia, si può affermare che il Vaticano tenne un chiaro distacco di fronte alla Repubblica di Salò, nonostante la Repubblica di Salò cercasse di giocare sul buon rapporto tra Stato e Chiesa ribadendo principi quali «la Religione Cattolica Apostolica Romana è la sola religione della Repubblica Sociale Italiana». L’alleanza con la Germania nazista, manifestatasi in particolar modo con l’introduzione delle leggi razziali e l’entrata in guerra a fianco dell’alleato tedesco, aveva profondamente «disaffezionato» l’Italia cattolica dal fascismo. Alcune scelte concrete effettuate dalla Chiesa rimarcarono la diffidenza di questa nei confronti dello Stato Fascista: il rifiuto di Pio XII di ricevere il Generale Graziani, l’attribuzione delle sedi episcopali vacanti ad amministratori apostolici e non a Vescovi per evitare il «placet» del Governo, il sostegno ai Vescovi in contrasto con il regime o l’invito al rettore della Cattolica, il Frate Minore Padre Gemelli, a evitare nei conferimenti delle lauree qualunque riconoscimento ai «poteri conferiti dallo «Stato». Oltre all’ostilità verso l’ideologia nazista, i fattori che spinsero gran parte del clero italiano a guardare con insofferenza, se non avversione alla Repubblica Sociale Italiana e al fascismo, furono l’intuizione di una probabile vittoria alleata e il sentimento di stanchezza che accomunava il popolo italiano logorato dalla guerra voluta dal fascismo. L’ostilità del Vaticano verso Mussolini e il Fascismo era pienamente avvertita dal regime: «Oggi il Vaticano si comporta verso di noi da nemico» scriveva nel gennaio del 1944 il settimanale fascista «L’Orizzonte».
La Santa sede arrivo a sospendere «a divinis» qualche sacerdote che appoggiò ufficialmente il regime fascista come nel caso di Don Tulio Calcagno che voleva costituire una Chiesa ufficiale fascista, indipendente da quella romana con un primate italiano distinto dal Papa e per questo motivo sarà scomunicato il 24 marzo 1945 e poi fucilato dai partigiani giorni dopo la morte di Mussolini.
_Sacerdoti e religiosi che stavano in montagna con i partigiani e che celebravano messa con loro e che li assistevano sino all’ultimo respiro. Tantissimi sono i preti, i frati e laici che hanno salvato vite umane e preso posizioni chiare contro la tirannia di Mussolini e dei fascisti tanto che a molti di essi gli costò la vita. Giuseppe Dossetti, Pasquale Marconi, Pietro Del Giudice, Ermanno Gorrieri, don Pietro Morosini, don Secondo Pollo, don Pasquino Borghi, don Eugenio Leoni, don Domenico Orlandini, don Concezio Chiaretti, don Aldo Mei, don Carlo Manziana. E ancora Odoardo Focherini e Teresio Olivelli. Come non dimenticare Don Pietro Pappagallo ucciso alle fosse Ardeatine dai nazisti. Fra quelli che salvarono vite e contrastarono i fascisti e i loro compari nazisti Don Antonio Musumeci, parroco di Messina: aveva chiesto di risparmiare due anziani coniugi malmenati dai tedeschi. Don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, uccisi il 19 settembre 1943 a Boves, in provincia di Cuneo, in una delle prime stragi perpetrate dai nazifascisti Tra i francescani fra Rufino Niccacci, frate minore di Assisi, in collaborazione con il vescovo Mons. Giuseppe Placido Nicolini diede protezione a migliaia di ebrei, rifugiandoli nei conventi dei frati Minori di Assisi e nel territorio circostante. Non possiamo dimenticare le “Aquile randagie”, il movimento scautistico cattolico diventato clandestino dopo il divieto fascista che collaborò con la Chiesa di Milano a salvare tantissime vite umane o il campione di ciclismo, il cattolico Gino Bartali. Ma sono davvero tanti i fedeli cattolici che hanno fatto parte della resistenza soprattutto con l’accoglienza stando accanto alla popolazione stremata dalla guerra e dalla fame procurata dal fascismo.
La resistenza non fu solo lotta armata ma anche lotta non violenta. Da tali azioni antifasciste nacque la Repubblica e la Costituzione del nostro Paese che come precisa il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella non può che dirsi ANTIFASCISTA e festeggiare tale avvenimento il 25 aprile “[…]frutto del 25 aprile è la nostra Costituzione. Il 25 aprile è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo” come ha precisato ieri il nostro Presidente.
Voglio concludere proprio con le parole di Mattarella: “morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza”.
Viva la Festa della Liberazione!
Viva l’Italia!
“La Costituzione è un testamento di centomila morti”, come diceva Calamandrei. Le assurdità di La Russa infangano le nostre istituzioni (I.S.)
“Nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo. Credo che ciò accadde sotto la spinta dei partiti moderati che non volevano fare questo regalo al Pci e all’Urss”. Ripete Ignazio La Russa cui “preme però sottolineare che, come riportato anche dalla stessa agenzia, il mio riferimento non era ‘all’antifascismo’ ma all’assenza in Costituzione della ‘parola antifascismo’, essendo i valori della Resistenza, a cui mi sono esplicitamente richiamato, espressi in positivo nella prima parte della Costituzione”. “Con tale dovuta e necessaria correzione, ritengo venga meno qualsiasi interpretazione contraria al mio pensiero. Il 25 Aprile ho modificato gli impegni internazionali assunti da tempo e sarò all’Altare della Patria a fianco del Presidente della Repubblica”, ha dichiarato correggendo la sua agenda e spostando al pomeriggio (forse) la trasferta a Praga per partecipare alla riunione dei presidenti dei parlamenti dei paesi membri dell’Unione europea e visitare (probabilmente il giorno dopo) il campo di concentramento di Theresienstadt partecipando infine alla deposizione di una corona al monumento di Jan Palach in Piazza San Venceslao. Insomma, nel giorno in cui l’Italia festeggia l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo, La Russa non si sottrarrà al rito di piazza Venezia ma poi (forse) se ne andrà a mille e duecento chilometri da Roma per commemorare un patriota simbolo della resistenza anti-sovietica cecoslovacca.
Libero La Russa di fare tappa a Praga ma è inaccettabile l’idea che la lotta contro il nazifascismo sia stata manipolata dai “rossi” e che per questo debba essere archiviata insieme al comunismo, che viene ridotto a una forma totalitarismo alla stregua del nazifascismo.
Questa equiparazione è quanto mai rischiosa e certo è alla base della leadership di Giorgia Meloni, che evidentemente è gradita ai nostri connazionali. Nella Costituzione italiana – come ricorda il sito Money.it – non c’è espressamente la parola “antifascismo”, ma si vieta espressamente la rifondazione del partito fascista e la propaganda fascista. La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana è quindi direttamente ed espressamente antifascista. Questo il testo della disposizione: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”.
Due leggi danno poi attuazione a questa disposizione contenuta nella Costituzione. La prima è la legge Scelba del 1952, voluta dal governo De Gasperi. La seconda è la legge Mancino del 1993. Le norme completano il quadro, punendo le condotte riconducibili al fascismo e al razzismo.
In ogni caso la Costituzione italiana, secondo tutti gli storici e giuristi italiani, nasce dal contrasto al regime fascista e dalla fondazione della Repubblica, dopo la fine della seconda guerra mondiale e un apposito voto referendario nel 1946.
Secondo Piero Calamandrei, uno dei padri costituenti e fondatori del Partito d’Azione (notoriamente lontano dalle posizioni comuniste) la Costituzione è “un testamento di centomila morti”. “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione – aggiungeva ai ragazzi e alle ragazze nelle scuole – andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione”.
Secondo Carlo Chimenti, noto costituzionalista scomparso nel 2017, “il contesto dal quale è stata prodotta la Costituzione ha conferito alla nostra Carta fondamentale uno spirito soprattutto ed irriducibilmente antifascista, poiché è innegabile che essa rappresenta l’esito della lotta vittoriosa che una minoranza di italiani aveva ingaggiato da vent’anni e più contro la dittatura fascista, e non già contro altre dittature contemporanee presenti in Europa; lotta alla quale, peraltro, i comunisti italiani avevano dato un contributo decisivo”.
In questa ottica va sottolineato con forza il contributo dei cattolici alla Resistenza perchè indubbiamente il fascismo, esattamente come il nazismo, è la negazione dei valori del Vangelo. “Nella tortura, Signore, serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare. Ti preghiamo, Signore, noi ribelli per amore”, ha scritto Teresio Olivelli, partigiano cattolico, morto il 22 gennaio 1945 nel lager nazista di Hersbruck e beatificato da Francesco nel 2018. È la storia di un giovane che si accompagna a centinaia di altre. In Romagna il beato Alberto Marvelli, illustre esponente del movimento cattolico, fu protagonista degli anni della lotta di liberazione, proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 2004. Furono garibaldini Benigno Zaccagnini e Pietro Pironi, giovane dirigente della Giac nel riminese, poi giustiziato in Germania. In Umbria Antero Cantarelli, presidente diocesano della Giac di Foligno, comandò la 4a brigata garibaldina, nella quale militavano altri giovani cattolici della zona. In Veneto è fondamentale il ricordo del martirio dei fratelli Flavio e Gedeone Corrà. Senza dimenticare Odoardo Focherini e padre Placido Cortese ed anche Giovanni Palatucci. Infine l’impegno per la salvezza degli ebrei coinvolse i protestanti: basti qui ricordare il nome del pastore Tullio Vinay.
“Per il 25 Aprile mi piacerebbe una Festa della Liberazione senza più inutili polemiche, che sono fuori luogo perché tutti dovremmo riconoscerci nei valori della resistenza e nella Liberazione. Quest’anno sarò in Via Tasso, al museo storico della Liberazione, che è un luogo importante per la memori collettiva, perché fu adibito a carcere contro i nostri resistenti”, taglia corto il leader del M5Stelle, Giuseppe Conte, intervistato dall’Agenzia Vista.
Irina Smirnova