Da: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-direttore-risponde-odoardo-focherini
Odoardo Focherini e la forza dell’amore: memoria viva di una nipotina, e nostra
Gentile direttore,
sono una nipote di Odoardo Focherini e vista
l’attenzione che ad “Avvenire” avete sempre nei confronti del nonno, mi
fa piacere inviarvi il testo che mia figlia Virginia di 12 anni (nipote
di Rodolfo Focherini, quarto figlio di Odoardo) ha svolto in classe. Il
tema era questo: «Immagina di vivere un’epoca del passato. Scrivi una
lettera a un familiare o a un amico/a in cui descrivi il contesto in cui
ti trovi». Virginia si è talmente immedesimata nel dolore del nonno
Rodolfo, da farlo suo: il testo sembra scritto proprio da mio padre.
Cordiali saluti.
Cristina Focherini
Marcena, 12 agosto 1944
Caro
Babbo, come stai? Io sto bene ma sento la tua mancanza. Ieri siamo
partiti per la città a te più cara, Marcena. Quando siamo entrati nella
rustica solita stanza, lo zio ci ha fatto una sorpresa: ha separato la
stanza! Una parte è per me e Attilio e l’altra per le mie sorelle; ero
davvero felice! Olga però era un po’ arrabbiata perché, essendo la più
grande, sentiva il bisogno di una camera tutta per sé: non la biasimo,
ma alla fine si è trovata bene.
Se ti stessi chiedendo che ora siano,
sono le otto di sera. Oggi siamo andati a funghi e ne abbiamo presi
molti. Un poco di essi li abbiamo regalati, ma abbiamo ancora due cesti
di vimini pieni di porcini e finferli. Come ogni volta, abbiamo fatto a
gara a chi ne prendeva di più; per la prima volta ho superato Olga e ho
vinto. Avevo solo cinque funghi in più, ma per me è sempre un grande
traguardo.
Il pomeriggio sono stato male: raffreddore e male alla
schiena; sono stato a letto, ma Attilio continuava a darmi fastidio
“Giochiamo? Dai giochiamo con il trenino? Giochiamo?”, continuava a dire
e mi dava il mal di testa. Alla fine gli ho urlato di finirla e lui ha
pianto. È subito accorsa la Mamma che lo ha consolato; dopo avergli
asciugato le lacrime lo ha rimproverato perché non doveva importunarmi
se stavo male. Lui lo ha capito e mi ha chiesto scusa e io ho fatto lo
stesso. Oggi è stata una giornata intensa e vado a dormire. Alla Mamma
manchi tanto, sai? Manchi molto anche a me; manchi molto a tutti.
Rodolfo
Bolzano, 9 settembre 1944
Caro Dodino (Odoardo
Focherini chiamava il figlio Rodolfo “Dodino”), qui dove sono io si sta
benissimo: ho un bel pigiama a righe blu e bianche e dormo su un comodo
letto di legno. Mi spiace che il tuo mal di schiena persista e che tu
abbia il raffreddore. Salutami tutte le tue sorelle e Attilio. Di’ a
quest’ultimo che non ti doveva dar fastidio, anche se sono felice che
sia riuscito a capire il proprio errore; inoltre potresti riferire a
Olga che quando crescerà capirà che avere l’aiuto di quattro sorelle è
importante e molto utile. Salutami la piccola Paola e voglio che tu le
insegni a distinguere vari tipi di funghi velenosi e sani: porcini,
finferli e champignon.
Dodino, ti devo dare un incarico molto molto
importante: ogni mattina sveglia la Mamma con un bacio; il bacio che tu
le darai sarà come se glielo dessi io. Di’ alla Mamma che la amo e che
mi manca; mi mancate tutti, soprattutto Paola con cui sono stato troppo
poco tempo.
È ora di mangiare e non vedo l’ora di mangiare quel buon
pezzo di carne succulenta che ci danno. Non vedo l’ora di tornare da voi
e vedere come siete cresciuti.
Ti voglio bene, Dodino, il tuo Babbo Odoardo
Carpi, 2 gennaio 1945
Caro
Babbo, quando torni? Ti aspetto sempre davanti alla porta dopo aver
fatto i compiti. Quando torni? Alcune persone ci hanno detto che sei
morto, ma io so che non è così, vero? Tu sei ancora là e stai aspettando
di uscire, vero? Ti voglio bene, il tuo Dodino
Carpi, 7 maggio 1945
Dolce
Babbo, dove ti trovi? Sento sempre di più la tua mancanza. La Mamma è
sempre triste e sta sempre e solo in casa; quando tornerai? I miei
famigliari sono tristi e stanno in lutto, ma io so che sei vivo e quando
meno ce lo aspetteremo tu ritornerai. Bacerai la Mamma, ci abbraccerai
tutti e farai fare i salti in aria a Paola. Ti aspetto, Dodino
Marcena, 12 agosto 1946
Caro
Babbo, dove sei? Ti aspetto, ma non arrivi mai… ti voglio qui con me;
ti vogliono tutti qui. Molte persone mi dicono di smettere di pensare
che tu sia vivo, ma tu non sei morto, io lo sento, io lo so. La Mamma
non è più la stessa, non sorride più, ma io faccio, come mi hai detto,
la sveglio con un bacio. Dodino
Marcena, 26 luglio 1947
Mi manchi tanto, Babbo. Dodino
Virginia
Cara
signora Cristina, dico semplicemente grazie a lei e sua figlia Virginia
per aver condiviso con me e con noi tutti questa bella e delicata
“pagina” di scuola e di vita. Trovo che sia una commovente dimostrazione
di come la trasmissione affettuosa e partecipe, di generazione in
generazione, della memoria familiare e collettiva sia un bene davvero
grande. Brava o bravo l’insegnante che ha saputo far germogliare tutto
questo in uno scritto. Bravissima Virginia. Non c’è una parola aspra in
questa corrispondenza frutto dell’immedesimazione di sua figlia con il
nonno, ancor bambino, e il bisnonno deportato dai nazifascisti e morto
in campo di concentramento a causa del suo impegno per salvare uomini e
donne italiani o di origine straniera, quasi tutti ebrei, che allo
sterminio nei campi voluti da Hitler sarebbero stati destinati. E c’è
tutta la forza dell’amore familiare e dell’amore cristiano che legava e
lega i membri di una famiglia italiana, speciale eppure eguale a tante
altre. Un amore che non esclude e che si comunica. Leggere e riflettere
scalda davvero il cuore. Soprattutto di questi tempi, dove asprezze e
smemoratezze fanno breccia tra non pochi italiani ed europei e persino
tra i credenti.
È vero, cara signora, tutti noi di “Avvenire” abbiamo
una gratitudine, una devozione e una passione speciali per Odoardo
Focherini, primo e unico giornalista italiano a essere riconosciuto
Beato dalla Chiesa. Ogni edizione di “Avvenire” viene pensata e
impostata idealmente assieme a lui, sotto i suoi occhi. Ho voluto che
una copia del suo Decreto di beatificazione e del primo numero
post-bellico del suo giornale bolognese “L’Avvenire d’Italia” (che
assieme al milanese “L’Italia” ha dato vita al nostro quotidiano) ci
guardassero dalla parete della sala dove al mattino teniamo la nostra
quotidiana Riunione di Redazione. Per fare il “giornale del giorno che
viene” bisogna aver chiaro che l’Avvenire è amore e memoria, stare
sempre dalla parte dei più deboli, mantenere occhi buoni e tranquillo
coraggio della scelta. Come Odoardo ci ha insegnato e ancora ci insegna.